Pseudoscienza

Pseudoscienza è ogni teoria, metodologia, pratica che afferma di essere scientifica o vuole apparire scientifica e che tuttavia non ha alcuna aderenza col metodo scientifico (o metodo sperimentale)[1][2][3], che è alla base della scienza moderna per dimostrare le proprie affermazioni. Tra i primi ad usare il termine ci fu François Magendie[4], pioniere della fisiologia. Il termine deriva dal greco ψεύδω pseudo (falso) e dal latino scientia (conoscenza).

Come insegnato in alcuni corsi scientifici introduttivi, pseudoscienza è qualsiasi cosa che in superficie appare essere scientifica o che ha dei presupposti scientifici e che tuttavia contravviene ai requisiti di testabilità richiesti dalla scienza o comunque devia sostanzialmente da altri fondamentali aspetti del metodo scientifico[2].
In epistemologia tuttavia non c'è unanime accordo su fino a che punto sia possibile distinguere tra scienza e pseudoscienza in modo oggettivo[5]. Il termine pseudoscienza ha oggi una connotazione negativa poiché va a indicare che gli argomenti definiti pseudoscientifici sono inaccurati o ingannevolmente presentati come scienza[6].
Martin Gardner definisce la pseudoscienza una teoria interpretativa della natura che, partendo da osservazioni empiriche per lo più fortemente soggettive, tramite procedimenti solo apparentemente logici, giunge a una arbitraria sintesi, in stridente contrasto con idee comunemente condivise[7].

[modifica] Identificare le pseudoscienze

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Problema della demarcazione.
Gli standard per determinare se una conoscenza, una metodologia o pratica siano scientifiche possono variare da una campo scientifico all'altro, tuttavia, esistono una serie di principi base sui quali gli scienziati concordano come la riproducibilità e la verificabilità intersoggettiva.[3][8] Questi principi mirano ad assicurare che prove rilevanti possano essere riprodotte e/o misurate nelle medesime condizioni. Ci si aspetta inoltre che ogni dato sia documentato al fine di potere essere sottoposto a revisione paritaria così consentendo successivi e ulteriori esperimenti volti a confermare la veridicità o falsità dei risultati dichiarati e l'influenza che altri fattori, come la significatività o l'intervallo di confidenza, possono avere sul risultato[3].
Alla metà del XX secolo Karl Popper suggerì il criterio della falsificabilità per distinguere la scienza da ciò che non è scienza[9]. Affermazioni come "Dio ha creato l'universo" possono essere vere o false ma nessun test può provare che esse siano false quindi tali asserzioni non sono scientifiche, queste affermazioni si pongono fuori dai confini propri della scienza[10].
Mappa frenologica del XIX secolo. La frenologia fu definita una pseudoscienza nel 1843 e continua anche oggi ad essere considerata tale.[4]
Gli scettici come Richard Dawkins, Mario Bunge, Carl Sagan e James Randi considerano dannose tutte le forme di pseudoscienza anche se tale danno non ha il carattere dell'immediatezza.
La scienza va distinta dalla rivelazione, dalla teologia o dalla spiritualità. Tuttavia quando la ricerca scientifica produce risultati che contrastano ad esempio con la interpretazione creazionista delle scritture, la reazione dei creazionisti è quella sia di rigettare le conclusioni della ricerca[11] e dei suoi fondamenti scientifici[12] sia di rigettare la metodologia[13]; per questi motivi il creazionismo è considerato pseudoscienza da gran parte della comunità scientifica[14]. È questo uno dei casi in cui il termine di "pseudoscienza" viene utilizzato dai seguaci di una teoria giudicata pseudoscientifica per negare tale attribuzione ribaltando invece la stessa accusa sulla teoria scientifica dalla quale si differenziano. Posizione analoga a quella dei creazionisti è tenuta anche dagli scientologist che credono nelle teorie dianetiche.